Analisi e riflessioni


L’applicazione degli orari flexi non sta modificando la tendenza ormai consolidata nel settore della progressiva riduzione nelle filiali del lavoro amministrativo, riposizionato nei consorzi back-office od in analoghe strutture specialistiche, a favore di quello relazionale commerciale, ma sta nei fatti cambiando il profilo della prestazione professionale dei colleghi fino a ieri caratterizzato da un fortissima segmentazione nella divisione del lavoro costruita su matrici differenziate commercialmente in base all’ammontare del risparmio/fatturato della clientela, la conseguente assunzione di responsabilità a partire dalla gestione del portafoglio clienti, il raggiungimento degli obiettivi di budget, la misurazione delle performances su base individuale.

Ora invece in costanza di alcuni fattori quali la presenza di rotazioni continue tra il personale appartenente allo stesso segmento seppure sovente con diverso inquadramento professionale, l’esigenza di flessibilità mansionale determinata dalla necessità di sostituire l’ assente per turno, la pressione che il flusso di pubblico crea dato dalla necessità di fornire comunque il servizio seppure in costanza di organici ridotti all’osso in quanto spalmati su almeno tre turni lavorativi, non è più facilmente determinabile con immutata precisione il contributo e la performance quantitativa del singolo gestore e quindi torna in auge gioco forza il ruolo della “squadra”, delle sinergie e della identificazione tra colleghi come parte di una identità comune dall’analogo destino seppure talvolta tale compartecipazione risulta limitata alla filiale di appartenenza.

Ma accanto all’esame di tendenze future esistono questioni molto più immediate che meritano qualche altra riflessione.

L’esperienza che viene raccontata dai lavoratori presenti nelle ore serali ci dice che l’estensione del modello di banca estesa sul territorio nazionale, ora sono oltre 500 le filiali con questo orario, non sta incontrando il favore della clientela: dopo una certa ora le filiali sono vuote. Di questo ne è certamente consapevole l’azienda che, per cercare di porre rimedio, ha finanziato una serie di spot pubblicitari a partire da fine ottobre con protagonista Claudio Bisio. Ma se il tentativo è quello di “educare” la clientela a frequentare la banca dopo le 17, evitando l’affollamento delle ore mattutine, certamente non bastano gli slogan pubblicitari ancorché accattivanti.

Noi crediamo invece che le abitudini di vita delle persone, i loro tempi familiari di riposo vadano rispettati: per fortuna nel nostro Paese, al termine della propria giornata lavorativa, vi è ancora l’abitudine di dedicare del tempo alla cura di se stessi e dei propri affetti, dedicandosi ai propri passatempi od alle necessità della vita quotidiana. Andare in banca oltre un certo orario per la maggioranza dei cittadini italiani non è una priorità.

Se questo è vero, riteniamo che il compito della banca non debba essere quello di “educare” la propria clientela sulla base di modelli astratti e/o pubblicitari, ma quello di assecondarla, di ascoltare le sue necessità. Per anni la banca ha utilizzato tutte le proprie risorse comunicative per convincere la gente a frequentare gli sportelli solo per lo stretto necessario e buona parte della struttura commerciale è stata impegnata conseguentemente nella promozione dei prodotti telematici a distanza, bancomat, home banking, remote ecc…; ora, in presenza oltretutto di una forte crisi economica lontana dall’essere risolta, sarebbe una sciocchezza pensare che si possa invertire la tendenza repentinamente, chiedendo ai clienti di tornare agli sportelli negli orari serali, incrementando in questo modo i ricavi nel brevissimo termine.

E non per ultimo c’è il tema del disagio lavorativo che l’orario esteso ha sicuramente accentuato. Il lavoratore di banca odierno non offre più solo le proprie prestazioni professionali in cambio di un salario ma sempre più spesso si trova collocato in una struttura pensante alla quale partecipa con il suo contributo di esperienze professionali, di competenze, di idee. Egli non è un soggetto passivo nel sistema aziendale, percepisce il clima organizzativo attraverso la propria personalità, la propria esperienza e misura le sue aspettative in funzione della realtà organizzativa in cui opera, influenzando direttamente sullo stato di salute dell’intera realtà aziendale.

Il modello di banca estesa richiede sicuramente un tasso superiore di flessibilità ed adattamento rispetto ad un orario standard ed il lavoratore deve moltiplicare le sue energie psicofisiche per adattarsi ai cambiamenti che potranno determinare condizioni penalizzanti in relazione al rapporto tra persona e organizzazione della struttura sociale del lavoro. Di conseguenza le contraddizioni delle strategie organizzative si rovesciano sui lavoratori e sulle loro condizioni psicosociali.

Sarebbe importante allora che le indagini di clima commissionate dall’azienda, invece di assumere un sapore vagamente auto-affermante, indagassero sulle percezioni che i lavoratori delle filiali flexi hanno delle loro effettive condizioni di lavoro, di come continue modifiche ed aggiustamenti organizzativi e procedurali abbiano incrementato notevolmente gli sforzi di ciascuno per l’adattamento ad una realtà dove il tempo di lavoro entra prepotentemente nel tempo di vita personale sfumando le tradizionali demarcazioni tra orari di lavoro e di vita sociale.