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Fattore Umano

Lo avete visto Sully? Tratto da un fatto realmente accaduto nel 2009, racconta dell’ammaraggio sul fiume Hudson del volo US Airways 1549, in seguito all’impatto con uno stormo di uccelli che aveva danneggiato entrambi i motori pochi minuti dopo il decollo. L’airbus trasportava 150 passeggeri e 5 membri di equipaggio, tutti salvi e sapete perché? Perché il pilota Chesley “Sully” Sullenberger non ha seguito il protocollo, ma si è fidato del suo giudizio. La trama è decisamente più articolata, ma il film in definitiva non è un capolavoro, per cui non vi tedio oltre, e poi lo spunto credo sia ormai chiaro.

Spesso i colleghi mi chiedono se chi si occupa di studiare e organizzare i cambiamenti abbia piena conoscenza di come il lavoro si svolga davvero, che il cambiamento sia di orario, tecnico-procedurale o organizzativo. E cioè se si tenga conto del fattore umano, o se i modelli siano monchi della variabile principale da inserire nell’algoritmo, i colleghi. E poi la gestione del cambiamento, il coinvolgimento, il passaggio di informazioni, la partecipazione alle scelte. Niente di tutto ciò è dovuto, come al solito “l’organizzazione del lavoro è materia esclusiva della parte datoriale”, ormai lo abbiamo capito, ma nella testa continua a frullarmi l’idea che un lavoratore che non riceve verticalmente un’indicazione operativa, ma che la assimila sentendosene parte (la stessa indicazione, ma proprio la stessa!!!), lavori con maggiore soddisfazione e produca maggiori risultati. Se poi ci mettiamo che l’azienda ha preso ormai l’abitudine di andare avanti a strappi, buttando nella mischia la scelta per poi apportare successivamente eventuali correzioni…

Facciamo qualche esempio: recentemente sono stati comunicati alcuni cambiamenti nel servizio offerto dalla Filiale on Line. Variazioni in termini di orario per lo più. La notizia ai lavoratori è arrivata improvvisa, non argomentata e con molti punti interrogativi, generando domande, malumori e qualche preoccupazione. Ora lo so che costa tempo e fatica, ma se il cambiamento fosse stato condiviso per tempo almeno con i responsabili delle strutture, e questi ultimi avessero potuto studiare il passaggio di informazioni in modo organizzato magari chiedendo un riscontro ai colleghi, magari raccogliendo anche qualche suggerimento, magari facendoli sentire parte del cambiamento il tutto sarebbe stato più agevole e visto con meno preoccupazione. Beh poi io aggiungo anche che alcuni cambiamenti dovrebbero tener conto di fattori meno semplici da gestire ma essenziali nelle fasi di cambiamento: la volontarietà, le oggettive differenze logistiche e gestionali fra sale, ma anche fra colleghi e i carichi familiari. A breve faremo le assemblee dei lavoratori in cui faremo esattamente questo passaggio, raccoglieremo le voci dei lavoratori, ne faremo sintesi e le rappresenteremo all’azienda, perché noi nel coinvolgimento dei lavoratori ci crediamo davvero.

E poi il metodo in filiale. Siamo proprio sicuri che il metodo sia perfettamente gestibile senza tenere conto del fattore umano? Spesso ho come l’impressione uguale e contraria, credo che per “salvare la vita a tutti i passeggeri” i colleghi siano costretti a non seguire il protocollo, per il bene comune, sul serio, e non per svicolare dal proprio dovere. Perché il “protocollo” considera i colleghi come operatori standard, e non come persone con le loro peculiarità, perché il protocollo considera le filiali come ambienti standard, e non come realtà molto diverse fra loro, ma soprattutto considera i clienti come automi con bisogni standard, ma chi lavora in filiale sa benissimo che la realtà è un’altra cosa. La realtà è fatta di donne e uomini, che con determinazione tentano di gestire campagne urgentissime da fare entro dieci minuti, priorità che cambiano ogni battito di ciglia, procedure lente e malfunzionanti, che esasperano da davvero troppo tempo!

Non so se avete notato, ma non ho parlato di pressioni commerciali, perché come recita un recente volantino siamo all’ignoranza commerciale, a mio modo di vedere molto più pericolosa. Una volta tanto voglio dare un consiglio all’azienda: la vera ricchezza di questa azienda sono le lavoratrici e i lavoratori che ci mettono impegno e abnegazione, in una realtà sempre più complicata e in un regime di cambiamenti sempre più vorticoso, forse è tempo di parlarne insieme, di condividere, di coinvolgere, perché l’obbiettivo è comune e vorremmo davvero raggiungerlo insieme. Ah dimenticavo il nuovo piano industriale è alle porte 😉

 

mesianoArticolo di Francesco Mesiano
antonio.mesiano@intesasanpaolo.com


giovedì 2 marzo 2017 - Francesco Mesiano, Organizzazione del Lavoro -
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