Le ferite aperte di un buon accordo 

Sono quasi cinque anni che sono entrato a far parte della squadra della Fisac. In questi giorni ricordavo QUEI giorni: era il dicembre 2007 ed era stato appena approvato il contratto nazionale. Aumenti di stipendio medi del 12% in 3 anni, con aumenti ancora maggiori per gli inquadramenti più bassi e, soprattutto, adeguamento al rialzo dell’inquadramento degli apprendisti che dopo 18 mesi venivano a prendere un salario netto come i colleghi a tempo indeterminato.

Com’è cambiato il mondo – e il nostro settore – in questi lunghissimi cinque anni! Lo scorso gennaio abbiamo siglato un contratto nazionali con aumenti salariali molto più contenuti e con la concessione di un salario più basso per i nuovi assunti con la speranza di incentivare gli ingressi nelle banche.

Ed ora, dieci mesi dopo, siamo costretti a difendere chi già lavora senza riuscire ad ampliare la platea degli occupati nel mondo bancario e nella nostra azienda.

D’altro canto non passa mese, ormai, che l’Istat non comunichi un balzo dei disoccupati nel nostro Paese.

A settembre – ultimi dati Istat disponibili – siamo arrivati ad una percentuale pari al 10,8%, di ben 2 punti in più rispetto ad un anno prima. A ben guardare, la situazione è resa ancora più preoccupante dalla consapevolezza che moltissimi italiani cono costretti alla cassa integrazione, non rientrando quindi nel computo dei disoccupati e dalla disoccupazione giovanile che supera il 35%.

In questo quadro poco incoraggiante lo scorso mese abbiamo assistito alla tragica decisione di Intesa Sanpaolo di procedere al licenziamento dei suoi apprendisti. Centinaia di colleghi che, nonostante l’impegno profuso nei quattro anni di lavoro nella nostra azienda, hanno vissuto giorni di angoscia, magari con alle spalle un mutuo e una famiglia da mantenere.

Per tutto il sindacato, ovviamente, gli apprendisti sono diventati la priorità in vista dei difficili incontri di metà ottobre con l’Azienda. L’obiettivo era quello di tutelare l’occupazione senza, però, cedere sui diritti. Insomma, siamo consapevoli del momento difficile dell’economia e del sistema bancario (per un’impresa che guadagna “sulla circolazione del denaro” avere una previsione del PIL a -2,4% non è propriamente un bel segnale), ma la dignità dei lavoratori non può essere merce di scambio per il posto di lavoro stesso.

Ed ecco quindi l’accordo: vengono confermate buona parte delle norme che avevamo conquistato in anni ben diversi da questi che stiamo vivendo, tra cui molte indennità aggiuntive rispetto a quelle del CCNL, i buoni pasto da 5,16 euro, gli assegni per i familiari portatori di handicap, ecc. Viene ribadito il principio che il pendolarismo va retribuito, per altro con un meccanismo fortemente disincentivante per l’azienda al crescere della distanza casa – luogo di lavoro.

Soprattutto, tutti gli apprendisti vengono confermati e vengono annullati i licenziamenti già messi in atto dalla Banca. E’ una conquista essenziale per gli apprendisti ma non solo: per tutti noi che lavoriamo in questo Gruppo. Quale futuro può avere un’azienda che non assume, che non ha giovani che portino nuove idee e linfa vitale? Dunque ben vengano i piccoli sacrifici a cui saremo chiamati temporaneamente, dalle 4 -6 giornate in 3 anni di riduzione dell’orario, la non monetizzazione delle ex festività ecc.

Per questo ritengo personalmente che l’accordo siglato il 19 ottobre scorso sia ottimo in un momento storico come questo. E lo credo nonostante vi siano delle ferite aperte, che purtroppo bruciano anche con la consapevolezza che probabilmente era impossibile rimarginarle.

Da questo momento, infatti, non sono previsti dei nuovi ingressi nei percorsi professionali che sono del tutto congelati fino al secondo semestre del 2014, data in cui verranno ridiscussi anche alla luce delle previsione sugli inquadramenti che verranno definite nella specifica commissione applicativa del CCNL  Ciò che abbiamo ottenuto subito è una clausola di salvaguardia per chi era già nel percorso a dicembre 2011, pur con un allungamento di 18 mesi. Ci auguriamo e ci impegniamo affinché nel 2014 si riesca a contrattare dei percorsi professionali in linea con le esigenze della Banca che cambia e con le legittime aspettative di noi colleghi.

Ma la ferita che brucia di più è, a mio avviso, il superamento della previsione di assunzione degli ex tempi determinati che hanno lavorato in Intesa Sanpaolo. L’accordo del luglio 2011 prevedeva infatti fino a 1.000 assunzioni. Purtroppo, nelle prossime settimane, dovremo discutere con l’azienda di come gestire degli esuberi, creati sia dalla congiuntura poco favorevole, sia dall’accorpamento/soppressione di alcune aziende del gruppo. Insomma, è chiaro che quando si parla di personale in esubero in una situazione così critica è impossibile prevedere al contempo nuove assunzioni.

Ma se è vero ciò che ho affermato prima, ossia che un’azienda non può aver futuro se smette completamente di assumere, mi auspico che tra non troppo tempo vi siano degli spiragli per nuovi ingressi per i quali, evidentemente, chi ha già lavorato nella Banca sarebbe la priorità assoluta, anche nell’interesse della Banca stessa.

Beppe Capozzolo

[Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net]

 
Beppe Capozzolo
Autore di questo articolo,
è il responsabile per la
FISAC Intesa-SanPaolo
dell'Area Torino e Provincia
dei colleghi neo-assunti,
degli apprendisti, dei contratti di inserimento e a tempo determinato.
giuseppe.capozzolo@intesasanpaolo.com


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



Tasso - ver.3.0 n.14 - novembre 2012 - FISAC/CGIL ISP Liguria Piemonte Val d'Aosta - archivio - credits