Impossibile dimenticare

Genova sabato 23 luglio, corteo in ricordo dei fatti del G8 del 2001. La Cgil ha un suo spazio nel “serpentone umano”. Ci sono i vertici locali: il Segretario della camera del lavoro e il Segretario regionale, oltre ad altri. Le bandiere della Fiom sono un poco più avanti. Il corteo procede con calma da Sampierdarena a Caricamento, sono due luoghi simbolo del passato della città, il primo nucleo industriale e il porto antico. Va tutto bene nonostante qualcuno avesse messo la città in allarme convincendo molti negozianti ad abbassare le saracinesche. Non si può non sentire la differenza con quello che è successo dieci anni prima. Non conosco direttamente persone che siano state vittime delle violenze di quei giorni ad eccezione di un compagno che ha rimediato una manganellata sulla schiena avendo avuto la prontezza di dire a un poliziotto, pronto a spaccargli la testa “cosa fai? Non vedi che potrei essere tuo padre?”.
Quei giorni sono indimenticabili. Lavorando in centro avevo diritto di accesso alla zona rossa. Ho visto la costruzione delle gabbie che hanno reso inaccessibile una parte della città; ho visto i container collocati a fare ulteriore barriera; ho visto l'impreparazione delle forze dell'ordine: una gazzella della polizia viaggiare nella strada principale della città (via 20 settembre) consultando la cartina di “tutto città” e fermarsi a chiedere indicazioni a un maresciallo dei Carabinieri. Ho ascoltato le voci che prevedevano il peggio: “sono pronte le bare …”.
Per tre giorni ho sentito ronzare gli elicotteri a bassa quota. E' un rumore che non sopporto più. E da allora non sopporto più la vista delle forze dell'ordine (sedicenti) vestite in tenuta antisommossa. Quando le vedo mi viene voglia di mettere le mani in alto. Ma mi vengono anche altre voglie.
Quando rivedo le immagini dei violenti pestaggi ai quali si abbandonarono in quei giorni carabinieri, poliziotti, guardia di finanza, agenti di custodia contro uomini e donne inermi provo un sentimento di rabbia e un (represso) desiderio di vendetta. Li vedi che pestano, che si accaniscono vigliaccamente, sicuri di poter farla franca nonostante le telecamere che filmano e le decine di fotografi. Tuttavia gli episodi peggiori sono accaduti nel chiuso della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto. Racconti agghiaccianti, un marchio di infamia indelebile sui corpi di polizia della Repubblica italiana.
Nessuno è stato punito per tutto quanto di inaudito è accaduto in quei giorni. La responsabilità penale, in Italia, è personale, bisogna dimostrare chi ha fatto qualcosa. Nascosti nell'anonimato di una divisa, il volto coperto, hanno potuto fare ciò che volevano. Chissà se mai sapremo cosa disse il il vice-presidente del Consiglio dei ministri di allora quando sentì l'obbligo di fare una visita in Questura quando ancora non era successo nulla.
Il corte del giovedì, quello dei migranti, andò benissimo, sembrava una festa.
Tutto è cominciato con il corteo del venerdì. Un grave errore fu commesso anche dagli organizzatori di quel corteo. Fecero una scelta “alta” con un profondo significato politico, quella di non organizzare un servizio d'ordine. Una decisione che si rivelò fallimentare nel momento in cui non ci fu nessuno, tra le fila dei manifestanti, capace di organizzare le migliaia di persone che pacificamente sfilavano per le vie della città, molto lontani dalla zona proibita (la zona rossa). La cronaca libera ha dimostrato che il corteo fu attaccato deliberatamente e senza che ce ne fosse una ragione in un punto senza via di fuga. Non credo sia azzardato sostenere che tutto quello che accadde quel pomeriggio tra via Tolemaide e piazza Alimonda sia stato a quel punto, per i manifestanti no-global, legittima difesa.
Nulla è stato fatto per fermare i black block. Persino io li ho visti passare tranquillamente sotto casa mia – erano 7 o 8 – dopo che qualche curva più in là avevano dato fuoco a un'automobile e ai cassonetti della spazzatura. Quasi contemporaneamente avveniva il pestaggio di cittadini inermi, seduti per terra in piazza Manin, ben lontano da qualsiasi zona calda.
Sono passati dieci anni, ma Genova non dimentica, anche con segni tangibili pur banali, basta guardare i tanti tombini che sono disseminati per le strade: portano i segni delle saldature fatte allora per bloccarli.
E' impossibile dimenticare. In quelle giornate è tramontata la speranza di avere dei corpi di polizia democratici nata con le riforme di 20 anni prima.

Giuseppe Tacchella

[Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net]

Giuseppe Tacchella
Coordinatore dell'Area Liguria, Piemonte SO.

giuseppe.tacchella@intesasanpaolo.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

Tasso - ver.3.0 n.10 - ottobre 2011 - FISAC/CGIL ISP Liguria Piemonte Val d'Aosta - archivio - credits