Buon compleanno, legge 300!

Tra qualche giorno, la Legge 300, meglio nota come Statuto dei Lavoratori, compirà 40 anni. Il 20 maggio 1970 veniva infatti emanato lo Statuto dei Lavoratori, che entrò ufficialmente in vigore l’11 giugno successivo: i diritti fondamentali dei lavoratori dipendenti divennero finalmente oggetto di una legge dello Stato.

Ma come si raggiunse questo importante obiettivo?
Nel 1948, con il concorso delle forze politiche rappresentative del movimento operaio, di quelle di ispirazione cattolica e di quelle di matrice repubblicana, venne varata la Carta Costituzionale, grazie alla quale venne data la massima dignità e rilevanza al mondo del lavoro (art. 1 “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, art. 4 “la Repubblica  riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”). Ma, la traduzione dei diritti e delle previsioni costituzionali non fu semplice e la si realizzò attraverso un percorso di grandi mobilitazioni del movimento dei lavoratori. In effetti, il paese uscito dalla dittatura fascista vedeva la classe lavoratrice senza nessuna tutela, ancora sotto il giogo di una struttura corporativistica che non si addiceva alla veste democratica della nascente Repubblica; per il movimento  dei lavoratori divenne impellente il bisogno di stabilire nuove regole nei rapporti che intercorrevano fra il padronato e la classe lavoratrice. Anche il volto economico del paese cambiava rapidamente: fra gli anni ’50 e ’60 il volto rurale e contadino venne superato dall’impostazione industriale che mise al centro della vita produttiva le fabbriche del nord, con la Fiat che in breve tempo divenne la bandiera nazionale dello sviluppo. Il lavoro della terra entrò in crisi: i braccianti disoccupati si riversarono nelle grandi città in cerca di fortuna, dando vita a quello che divenne, nei primi anni ’60 il “boom” economico italiano.

Ma le garanzie per i lavoratori ancora non c’erano, tanto che Giuseppe Di Vittorio già nel 1952, fu il primo a pronunciarsi per l’opportunità delle definizione di una legge quadro che riformulasse l’intera materia e lo fece parlandone proprio in termini di Statuto. Ma i passi fatti dalla legislazione sino a quel momento furono piccoli, i tentativi di organizzare i lavoratori in una rivolta unitaria e forte si moltiplicarono, ma dovranno attendere la fine del ’68 e diventare, l’anno successivo l’“autunno caldo”. In quel periodo infuocato oltre 7 milioni di lavoratori furono coinvolti nella rivendicazione dei propri diritti; ebbe una forza incredibile ed anche una durata mai vista prima: si attenuerà solo due anni dopo con la conquista dell’emanazione dello Statuto dei Lavoratori, che rappresentò una svolta storica; finalmente si misero nero su bianco garanzie molto importanti per i lavoratori,  si ottennero aumenti salariali in grado di portare gli stipendi italiani al livello di quelli europei, ma soprattutto si modificò in senso democratico il rapporto di lavoro che fino a quel momento era condizionato da una legislazione arretrata. Per arrivare alla stesura della Legge 300, nel 1969 venne istituita una Commissione governativa per l’elaborazione dello “Statuto”, presieduta da Gino Giugni il quale si occupò anche della stesura del testo della legge. 

Il testo dello Statuto si divide in sei titoli: uno dei quali è dedicato al rispetto della dignità del lavoratore, due sono dedicati alla libertà ed alle attività sindacali, uno si occupa del collocamento ed uno sulle disposizioni transitorie. Viene innanzitutto sancita la libertà di opinione del lavoratore  (“…i lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa hanno diritto, nei luoghi dove lavorano, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione”); questo rappresenta il primo passo verso l’emancipazione per una classe che doveva guadagnarsi il diritto di non essere discriminata in base all’appartenenza politica, insieme alla garanzia di avere organizzazioni sindacali in grado di difenderla. Viene quindi sancito il diritto di associazione e di attività sindacale, la nullità degli atti discriminatori, e la famosa e periodicamente attaccata norma sulla reintegrazione nel posto di lavoro contenuta nell’art. 18. Questo articolo, oggi di nuovo messo  in discussione dal governo, è diventato la norma base per il riconoscimento di tutti gli altri diritti dei lavoratori, dalla retribuzione sufficiente, alla parità di trattamento, contro ogni discriminazione.

Gloria Pecoraro

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Gloria Pecoraro
Autrice di questo articolo,
è una delle coordinatrici dell'Area Torino Piemonte Nord Valle d'Aosta.
Per contattarla:
gloria.pecoraro@intesasanpaolo.com 
 

 


Giuseppe Di Vittorio


Autunno caldo


Gino Giugni

 

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Tasso - ver.3.0 n.04 - maggio 2010 - FISAC/CGIL ISP Liguria Piemonte Val d'Aosta - archivio - credits