"Nel dialogo... usare carta e penna" 

Dopo la lettura dei testi aziendali relativi al sistema di eccellenza SEI OK, ritengo che alcune  brevi e parziali riflessioni siano necessarie, proprio perché i documenti aziendali tracciano linee guida di orientamento e comportamento per tutti i colleghi. Si dice ad esempio che: “tutto il personale è tenuto ad un comportamento cortese e cordiale” e ci spiegano in feroce dettaglio come si deve accogliere, salutare e dialogare con il cliente. Ne sentivamo proprio il bisogno perché oggi, nelle filiali, sappiamo che dimorano torme di scostumati cafoni che generalmente accolgono i clienti a sputi in faccia, battute da caserma, toni sprezzanti e, se del caso, manifeste avances erotiche.

La convinzione che il 99,99% dei colleghi siano già in possesso delle fondamentali regole di buona educazione e creanza si frange nel leggere che: “il comportamento, come l’abbigliamento devono essere decorosi e intonati al ruolo assunto”. Infatti è sotto gli occhi di tutti che in filiale i colleghi deambulino svogliati, sporchi, stracciati e puzzolenti, una marmaglia di accattoni che andava giustamente richiamata al decoro del solito abito che ovviamente fa il solito monaco. Ma è ben noto che l’apparenza rende l’inganno più semplice, se dar credito al clochard o all’azzimato doppio petto è quesito che nemmeno si pone. Inoltre, è incredibile leggere che si deve: “…offrire la propria attenzione al cliente, sgombrando la mente da preoccupazioni e pensieri personali…” e quindi, a comando, semplicemente spegnere il proprio esserci, isolandosi dal proprio quotidiano vissuto.

Forse l’estensore del testo ha qualche lacuna sulla formazione dei processi cerebrali, sulle profonde interazioni tra memoria e sentimento, ricordo, nostalgia, dolore… stati d’animo che, inalienabili, emergono con prepotenza in ogni luogo, situazione, tempo. E’ evidente che si confonde il termine “occupazione”: non più il normale scambio lavoro/salario nel fare del collega, ma “occupazione” vista come un termine che diventa ben altro, che indica il possesso, la conquista, l’invasione, il dominio del soggetto stesso. Solo cos’ è spiegabile e diventa fattibile il bancomat umano, il robot privato di un proprio sentire che, a comando, viene spento, eliminato, e che inoltre, dovrebbe persino escludere nel contatto con il solito cliente: “ogni predisposizione o preconcetto soggettivo (simpatia/antipatia)” nei suoi confronti, atto che è riuscito difficile persino al Cristo nel Tempio invaso dai mercanti.

Cosa resta quindi? solo un’occupazione, una testa che non ci appartiene più, che è altrove, di altri. Trovo poi meravigliosamente infantile il continuo richiamo all’empatia come strumento gestionale, come se fosse uno dei tanti mezzi operativi, una calcolatrice, una stampante, una biro. Dico questo poiché ritengo che la comprensione empatica sia molto più sottile e complessa di quella intellettuale e richieda quindi una sensibilità finissima che di questi tempi è merce molto rara. Inoltre, il vissuto empatico e cioè il riconoscere che anche l’altro sta vivendo, ci pone in correlazione con il mondo ma ci impedisce assolutamente qualsiasi immedesimazione.

Ecco allora che quando si dice: “… cercare di utilizzare lo stesso linguaggio del cliente…accompagnandolo sugli argomenti a lui congeniali”, si tenta un’operazione di unipatia che è atto disumano: mi raccomando ridi quando l’altro ride e piangi quando piange. Non basta dar retta, con stoica resistenza e britannico distacco, alle infinite castronerie che ogni giorno ci tocca ascoltare da quella preponderante parte della clientela che ci racconta di tutto e di più ? pare di no ! bisogna invece farsi camaleonte e indossare una maschera, tanto falsa quanto inutile, per ogni situazione, per ogni personaggio… saremo uno, nessuno e centomila. Ma l’oscar della miglior battuta lo vince il rigo che dice: “…nel dialogo… usare carta e penna…”, grazie per avercelo detto, potremo finalmente riporre lo stilo e la tavoletta di cera, lo scalpello e la pietra che abitualmente usavamo con immane fatica di scritturazione e di archiviazione.

Gianni Russomando

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Gianni Russomando
Autore di questo articolo, è l'RSA FISAC CGIL di Vercelli.

 

 

Tasso - ver.3.0 n.04 - maggio 2010 - FISAC/CGIL ISP Liguria Piemonte Val d'Aosta - archivio - credits