Alfabeto semiserio

A come AGENDA Un mistero si aggira tra le mura delle filiali. E’un enigma che intere generazioni di bancari non sono riuscite a sciogliere. Perché, a fine anno, i clienti hanno l’ossessione dell’agenda, anzi dell’Agenda, con l’A maiuscola? Che cosa vedono in essa che tanto li ammalia e li trascina alla disperazione, se non ne entrano in possesso? Perché assillano impietosamente i colleghi di filiale, le cui dotazioni di omaggi scendono di anno in anno, pur di averne una? Tanto lo sappiamo benissimo. L’agenda, in sé per sé, non servirà a nulla, forse al massimo per scarabocchiarci ogni tanto e controllare se la penna quasi scarica funziona ancora. Non averla, però, è un dramma e il vedersela negare rappresenta, per un certo tipo di clientela, uno sfregio insopportabile al proprio status bancario. Ho l’Agenda, quindi esisto. Ho l’Agenda e posso accatastarla in un angolo del salotto insieme a quelle degli anni precedenti, se sono stato prescelto dagli dei per accaparrarmele, così da scatenare l’invidia di parenti e vicini quando vengono a trovarmi. E le lascerò tutte in eredità ai miei figli, perché sappiano che il loro papà non era un cliente qualunque.

 

B come BANCARIO Per favore, non dite più che la vita del bancario è grigia e noiosa. Un breve catalogo di quanto è accaduto, in campo economico-finanziario, negli ultimi 10 anni. Cosine da poco: scoppio della bolla Internet (2000), attentati dell’11 settembre 2001, crisi argentina (2002), crac Cirio (2002), crac Parmalat (2003), crisi dei mutui subprime (2008) e poi fusioni su fusioni, con il corollario di problemi che queste operazioni hanno comportato, e cannonate ad alzo zero – a volte giustificate, in altri casi espressione di mero populismo - contro gli istituti di credito nel loro complesso, provenienti persino da alti esponenti istituzionali. Il susseguirsi di queste vicende ha minato la fiducia nel sistema bancario e chi lavora nelle filiali ha superato se stesso nella capacità di affrontare il vasto campionario d’isterie, rabbie e malesseri che la gente – a torto o a ragione - gli ha scaricato sulla scrivania, sfoderando un repertorio da grande artista e usando tutti i mezzi a sua disposizione. E’ riuscita a cavarsela, il bancario: arrampicandosi sugli specchi e rimanendoci aggrappato, attribuendo le colpe al Sistema  o al governo di turno, invitando il cliente ad avere uno sguardo a lungo termine (in certi casi lunghissimo, quasi proiettato nell’oltretomba), facendo vedere il bicchiere mezzo pieno (e talvolta era pressoché vuoto). Lo dovrà fare anche in futuro, ma fino a quando, senza doversi rivolgersi a uno psichiatra, e di quelli in gamba?

 

C come CIRCOLARI Si segnala un aumento terrificante di circolari. E’ una progressione geometrica di norme da rispettare scrupolosamente, non sempre facili da comprendere e attuare, e che quando non tengono conto del normale agire quotidiano, sembrano uscite dalla mente di un alieno. Si autoriproducono, le circolari. Appena hai finito di leggerne una e di averla diligentemente sottolineata, ecco che ne spunta un’altra e poi un’altra e un’altra ancora. Ti prendono per mano come un bambino che muove i primi passi, le circolari, per quanto sono dettagliate. Ti spiegano pure da che parte devi staccare un’etichetta autoadesiva, e perché ritornano sullo stesso concetto più volte, come fa la mamma con il figlio discolo che non l’ascolta. Ti minacciano, le circolari, perché a un certo punto mettono in evidenza, più o meno chiaramente, quali sono gli errori in cui puoi incappare e che, una volta commessi, ti porteranno dritto al patibolo. Non ti lasciano mai, le circolari, anche quando dormi. Ti appaiono in sogno tutte ben allineate, una sopra l’altra, anche quelle ormai abrogate e di altre banche, un muro invalicabile che si frappone alla tua fuga verso la libertà.

 

D come DOMODOSSOLA Come quando sei al telefono e per farti comprendere dall’interlocutore inizi a fare lo spelling di quanto stai dicendo.  Ritornati dall’ennesimo corso sulla comunicazione (una gallina dalle uova d’oro per le società di consulenza) o da una riunione nella quale ti hanno spiegato vita, morte e miracoli del prodotto che dovrai vendere, pensi davvero di essere diventato il Re della Chiarezza Espositiva. Ma nell’epoca negli anglicismi impossibili da tradurre e dei prodotti finanziari sempre più sofisticati, è un attimo rendersi conto che non è così, perché poi magari devi spiegare a un piccolo imprenditore che cosa sono dei derivati (un ex ministro dell’Economia della nostra Repubblica ha candidamente dichiarato che lui stesso non è riuscito a capirne in pieno la struttura) e c’è stato un periodo, mica secoli fa, che bisognava venderne a iosa, oppure devi tranquillizzare una casalinga facendole un breve corso sulla cartolarizzazione (ehhhhh????) del suo mutuo. Ma che importa, attendiamo frementi il prossimo corso sulla comunicazione.

 

E come ETICA La citazione è d’obbligo, per quando logorata dall’uso: “Cos’è svaligiare la banca, rispetto a fondarne una?”(Bertol Brecht). Etica e affari, il connubio appare impossibile, ma qualcuno ci sta provando da almeno 15 anni. Fare finanza in maniera trasparente è la prerogativa principale di Banca Etica (ha rifiutato capitali rientranti in Italia tramite lo scudo fiscale), una realtà che oggi conta 32mila soci, 12 filiali e una rete di promotori finanziari, fatto salvo che anche il suo operato è stato oggetto di critiche, soprattutto da parte di chi vorrebbe che la banca si contaminasse assai meno con il mercato (come si fa?) e che alimentasse di più il dibattito tra soci. Tradotto: alla trasparenza non c’è mai fine. E tutte le altre banche, per esclusione, “brutte, sporche e cattive”?  Iniziamo dalla truppa. Quale grado di responsabilità – anche rispetto agli accadimenti degli ultimi anni – va attribuito a quei bancari che trattano direttamente con la clientela? La maggioranza dei colleghi (lasciamo perdere gli squali senza scrupoli) tenta di mettere insieme, ogni giorno, gli interessi dell’azienda (di cui bisogna tener conto, altrimenti ciao stipendio), la propria sensibilità etica e le esigenze dei clienti. L’esercizio è assai complicato – tipo equilibrista sul filo, senza tappeto di sotto - perché non sempre le tre tessere di questo mosaico collimano, ma lo sforzo c’è e deve essere riconosciuto anche da chi tende, un po’ troppo facilmente, a criminalizzare l’intera categoria. Sullo sfondo tutte quelle questioni che richiamano, invece, le responsabilità del sistema economico-finanziario nel suo complesso. Ne citiamo solo una. Non c’è etica che tenga fino a quando non si smantellerà il meccanismo di retribuzione tramite stock option (scelta che dà il diritto di acquistare azioni di una società a un prezzo predeterminato, per poi lucrare la differenza con quello di vendita), che spinge il manager, per forza di cose, ad avere maggiore interesse per i risultati di breve termine, disinteressandosi degli effetti a medio/lungo. O si taglia questo nodo gordiano o gli equilibristi, c’è poco da fare, sfracelleranno sempre di più al suolo.

 

F come FUTURO Anticipazioni di quanto accadrà, in banca, nel 2010 e seguenti. Fronte ricavi: dopo la vendita di schede sim e biglietti per lo stadio, si aprono nuovi orizzonti: l’angolo degli elettrodomestici. Neoassunti catechizzati alla bisogna illustreranno ai clienti le novità nel settore dei frigoriferi. Già pronto lo slogan pubblicitario: TI ABBIAMO CONSERVATO I CAPITALI, ADESSO TOCCA AL TUO PROSCIUTTO. Lato costi: sarà ridotto il tempo dedicato al riassetto dei locali, che passerà dalle due ore giornaliere a non più di 15 minuti. Le signore delle pulizie avranno il tempo di arrivare sul posto di lavoro, abbottonarsi il grembiule, riempire d’acqua il secchio, controllare se c’è lo spazzolone e tornarsene a casa. Sistemi di sicurezza: le telecamere all’interno delle filiali non saranno più puntate sui malviventi nell’esercizio delle loro funzioni. Per il principio che solo andando in tv si è qualcuno, i rapinatori dovrebbero così essere dissuasi dal compiere in futuro gesti criminosi. Nuovi prodotti: nascerà la carta SUPERTRASH, che non ricarica il telefonino, non serve a effettuare pagamenti o a ritirare del contante. Non serve a niente. E’ semplicemente una carta enorme e coloratissima, con musichetta incorporata e lucine intermittenti, che serve a far colpo quando s’incrocia qualcuno per strada

 

G come GIOVANI Avere delle ambizioni è legittimo e non è giusto irridere chi pensa di investire buona parte della sua esistenza per raggiungere traguardi importanti nella sfera lavorativa. E’ una scelta e - si condivida o no - va rispettata. Ma c’è modo e modo di arrivare in alto e a noi i modi del Neoassunto Rampante (d’ora in poi NAR) non piacciono. Il NAR, già il giorno successivo alla sua assunzione, pensa di aver capito tutto e di non aver più nulla da imparare. Ha già le idee chiare su procedure, prodotti e modo di relazionarsi con i clienti, i quali, invece, dovrebbero diffidare molto di uno/a così, perché il NAR è implacabile e il suo motto è: “Chiudi gli occhi e vendi”. Con i coetanei si atteggia a primo/a della classe e, nell’ora di pranzo, mentre quelli vorrebbero gustarsi in santa pace una bella porzione di spaghetti al sugo di vongole, lui/lei snocciola, a uno a uno, i conti aperti, i finanziamenti fatti, le polizze vendute. Sembra la recita dei misteri gaudiosi, ma per chi ascolta, in realtà, è una via crucis. E se lo cogli in fallo, stai sicuro che troverà il modo di scaricare la colpa sul primo malcapitato di turno. Non è colpa sua, ma di chi gli mette certe idee in testa.

 

H come HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA I sacri testi della formazione parlano chiaro. Se hai un problema (una circolare oscura, una procedura che non funziona, il cliente che reclama una risposta che non gli è stata ancora fornita), non viverlo come tale. Il Problema è prima di tutto un’opportunità di crescita e la situazione può volgere a tuo favore, se sai gestire con abilità il momento critico. E va bene, ce lo siamo appuntati. Ma adesso cancelliamo tutto e ricominciamo daccapo. La prima domanda che passa in mente per la testa quando si ha un problema è la seguente: come diavolo faccio a risolverlo? Dove vado a sbattere la testa? Perché mi trovo qui e non su un’assolata spiaggia delle Maldive? Soluzioni. Help Desk: a volte funziona, ma se la richiesta di chiarimento transita per canali informatici, possono essere dolori. S’innesca uno scambio di comunicazioni  che può durare anche delle ore (se non giorni), nel quale il collega Rossi chiede una cosa, l’Help Desk ribatte dicendo che la richiesta è generica, Rossi replica specificandola, l’Help Desk fornisce la soluzione, ma è sbagliata, perché aveva capito che il problema era un altro, Rossi riformula la domanda, l’Help Desk rimanda alla lettura della circolare, Rossi la legge, ma a pag.13 c’è un punto oscuro e ci riprova con l’Help Desk e via così, in un balletto assurdo che porta allo sfinimento collettivo. Forum: utile, perché è uno scambio d’informazioni tra colleghi ed è facile che qualcuno abbia risolto in precedenza il problema che tanto ci assilla. Controindicazioni: fare affidamento su una risposta che potrebbe essere sbagliata, perché frutto di un’elaborazione personalissima di chi l’ha fornita. In realtà quelli che funzionano sono sempre i vecchi sistemi. Bisogna andare alla caccia del collega esperto e soprattutto che abbia ancora voglia di darti una mano (rari, ma ci sono). Alla fine salta fuori e dopo averlo ringraziato perché ti ha tolto le castagne dal fuoco, non c’è da perdere un attimo: appuntarsi nome, cognome e numero di telefono. Non su un file Excel del computer (si rischia di cancellarlo inopinatamente) e non su un’agenda (la signora delle pulizie potrebbe cestinarla).  Esiste un solo modo sicuro: marchiarsi a fuoco i dati su un braccio.

 

I come INTERCETTAZIONI

- Uè, dottor Furbetti, come va? Tutto bene? E da un po’ che non ci sentiamo…quanto mi ha evaso quest’anno?

- Carissimo Volponi! Che piacere…ma insomma, i soliti quattro o cinque milioni di euro, tanto per non perdere l’allenamento…

- Fatto scudo fiscale? Ha visto che pacchia? Io mi sono buttato come una squaletto, su minga un pirla, Furbetti. Un’occasione da non perdere, alla grandeee!

- E, mi sa che anche io mi scudo. Devo sentire i miei private bankers. Li metto tutti attorno al tavolo e ci dico: ragassi, allora, che si fa, io riporto i danè ma voi, quanto me li fate fruttare???

- Furbetti, lei è un diavolo! Tra l’altro, ma lo sa che ci sono dei miei amici statunitensi che stanno morendo dall’invidia. E sì, perché da loro scudare a l’è minga na roba così semplice come da noi…

- Ma davvero?

- In Italia l’è ‘na pacchia! Rimaniamo anonimi, paghiamo il 5% e nessuno ci può chiedere più nulla e ci abbuonano pure falso in bilancio e bancarotta fraudolenta…

- Ma scusi, Volponi, perché come funsiona negli Usa? Io sul TG1 ho sentito che fanno come noi…

- Il TG1? Ma lei è rimasto un bambino, se crede al TG1. Guardi che da quelle parti non si schersa. Altro che anonimi. Lì, l’equivalente del nostro scudo lo hanno chiamato disclosure!

- Disclosure?

-  Vuol dire “svelamento”, perché l’Agenzia delle Entrate ti permette di regolarizzare la posizione, ma vuole acquisire informazioni su chi esporta capitali all’estero, per poi poterti beccarti in futuro se fai il furbo. E poi, nessun condono, Furbettii! Se quello che hai portato fuori  è frutto di evasione devi sborsare le imposte che non avevi pagato. Invece, da noi, se il Fisco viene a batter casa tu gli dici: Ciccio, fatto scudo io, FOERA DI BALL!!!

- Che paese magnifico il nostro....saluti, Volponi, e omaggi alla signora.

Ricambio, Furbetti. Ha proprio ragione, sa. Chi se ne frega se aboliscono i paradisi fiscali: tanto ne abbiamo uno qui sotto casa…

 

L come LETTERA Spett.le Banca, mi presento subito. Songo ‘o Bancomat e scrivo anche o nome di altri fratelli. ‘O Bancomat, proprio la tesserina magnetica che tutti tengono nel portafoglio. Quello che sto per dirvi ve lo dico con il cuore in mano e spero che questa mia venga presa in giusta considerazione. Meritiamo rispetto, perché senza di noi ca nisciuno riesce più a far niente.  Ricarichiamo, paghiamo, preleviamo, mica chiacchiere. E accettiamo pure di fare na vita d’inferno. O stiamo rinchiusi dentro o portafoglio do cliente, che neanche riusciamo a respirare oppure chille disgraziato ci butta d’into nu cassetto e finiamo in mezza a fogli, foglietti, pile scariche e altra munnezza. ‘Na vota, proprio a mme, uno mi ha infilato dentro n’agenda (ecco a che cosa servono ‘sti agende) e poi era disperato perché non mi trovava, e se l’è presa coi creature, a mugliera e pure la suocera, stu scurnacchiate. Ora dico, meritiamo rispetto e diciamo BASTA! Simme proprio scucciate pecchè c’ha avete messo i chip e i ciop e tutti ‘ste cose per farci vivere ‘na vita serena a noie e ai clienti, eppure è sempre peggio, perchè ‘ca i clonazioni aumentano, si ciucciano i soldi dal conto e tutto è come prima. Avimme 'a durà almeno 3 anni e invece dopo una settimana ci avete già annullato, che ‘na farfalla vive più assai. Allora, vediamo di mettere le cose a posto, perché se no qua parte ‘no sciopero che blocchiamo tutta l’Italia, isole comprese. Attendiamo risposte certe e non a solita ammuina... Ossequi vivissimi.

 

M come MUTUI Nel 2008 sono assurti agli onori della cronaca, come protagonisti negativi della spaventosa crisi finanziaria scoppiata negli Usa e diffusasi poi nel resto del mondo. Mutui subprime: abbiamo imparato questo termine a memoria e la cui traduzione, in fondo è molto semplice. In un’economia malata di debito come quella americana, gli istituti di credito d’oltreoceano hanno avuto gioco facile nel concedere mutui (che con operazioni di alta ingegneria finanziaria sono poi finiti nella pancia di banche, istituzioni e privati in giro per il globo) anche a chi non poteva permetterseli e una volta esplosa la bolla immobiliare il sogno americano si è trasformato in un incubo mondiale. Lezione 1: una banca che abbandona l’ABC del suo mestiere è destinata solo a far danni. Lezione 2: prima di fare un finanziamento per l’acquisto della casa respira profondamente, rifai i conti almeno cinque volte e se poi decidi di restare in affitto, bè, non sentirti un minus habens. Cambia il mondo, cambiano pure i mutui. Anche in campo bancario valgono, sempre più, le riflessioni del sociologo Zygmunt Bauman, che ha introdotto il concetto di “liquidità” nell’analisi sociologica, “liquidità” intesa come precarizzazione dei rapporti sociali ed economici, dove nulla è più stabilito per sempre. I mutui non si sottraggono alla regola. Un tempo erano un matrimonio indissolubile, che il cliente contraeva con la sua banca e il prodotto scelto in partenza. Oggi, invece, sono portabili – si possono spostare da un istituto all’altro senza spese – e le diverse tipologie che offre il mercato (fin troppe, tipo le tariffe dei telefonini: qualcuno ci spieghi come si fa a decidere qual è la migliore) fanno sì che nell’arco della tua vita di mutuatario puoi avere l’ebbrezza (wow!!) di scegliere che tipo di rata vuoi pagare. Ma andiamo oltre. Si stanno aprendo nuovi orizzonti. Il diritto islamico impone mutui a tasso zero, che possono essere fatti da musulmani, anche residenti in Europa. Si annunciano conversioni di massa.

 

N come NO Se c’è una cosa difficile da fare in banca è quella di dire “no” a qualcuno, per un affidamento, un prestito o un mutuo. Spesso si tratta di situazioni legate a gravi situazioni familiari, come può essere la perdita del lavoro, o più semplicemente una richiesta che non ha i presupposti minimi per essere accolta. C’è poco spazio per i sentimenti nell’arido mondo dei numeri, anche se, talvolta, tirando fuori la fantasia che ai bancari non manca – anche qui, basta con gli stereotipi – magari si riesce dare una risposta positiva a una domanda che appariva senza speranza, almeno in prima battuta. Entra in gioco la voglia personale di spendersi un po’ di più per il cliente, liberi soprattutto da pregiudizi, come verso gli stranieri, per i quali l’accesso al credito è più difficile che scalare una montagna con addosso uno zaino da 100 kg. Ma c’è anche il “no” che va dato – anzi deve essere dato - senza tanti patemi d’animo ed è quello che frena le aspirazioni eccessive, di chi  pretende di vivere al di sopra dei propri mezzi: “Ragazzo, guadagni 1200 euro, hai già debiti per 600 e ne  vuoi 25.000 per comprarti un Suv?  Passiamo alla seconda domanda”. Siamo cattivi, vero, ma non è colpa nostra se qualcuno è convinto di lottare per lo scudetto, mentre ha tutti i due piedi in serie B.

 

O come OROSCOPO  Oroscopo del bancario (scegliete voi per quale settimana, tanto è uguale) a cura di Paolo Fox. Ariete: Vi dedicherete alle buone letture. Tutte le sere leggerete almeno 15 pagine di quel centinaio di circolari che avete in arretrato. Toro: L’amore sembrerà bussare alla vostra porta. Una cliente vi farà l’occhiolino. Ma attenzione a farvi delle illusioni. Ha solo un tic nervoso. Gemelli: Occhio alla salute. Vi verrà trovare il sig.Mario Beretti al quale avete investito 300 mila euro che in 7 anni gli hanno reso 0,000001% di interessi. Cancro: Soldi , soldi, soldi. Dopo 7 mesi dalla presentazione della domanda, finalmente vi sarà erogato il prestito di 2.000 euro che avevate richiesto all’Ufficio Personale. A parte il fatto che se avete battuto cassa per una cifra del genere siete messi un po’maluccio, mi raccomando, spendeteli con parsimonia. Leone: Tutte le bancarie di questo segno inizieranno una dieta importante da lunedì. Martedì, niente paura, vai di nuovo di pasta al forno e tiramisù. Vergine: Finalmente entrerete nelle simpatie del vostro  direttore. Potrete entrare nel suo ufficio senza fare l’inchino. Bilancia: Colloquio di lavoro importante. Scatto di carriera in vista, se accetterete di lasciare la famiglia per 17 anni, destinazione Ufficio di Rappresentanza a Ulan Bator, Mongolia. Scorpione: Pur avendo la quarta casa in Gemelli, continuerete a rimanere bloccati in tangenziale mentre vi recate al lavoro. La quarta casa in Gemelli, d’altronde, non può perdere tempo con tutti i vostri problemucci quotidiani. Sagittario:  Su con la vita. Non ci sono più crisi finanziarie in vista. Almeno per la prossima settimana. Capricorno: Vi attende una prova di coraggio. Dovrete convincere il collega preindustriale a mettere ordine sul suo desktop, invaso da centinaia di file, comprese le foto della prima comunione della figlia. Acquario: Non preoccupatevi per l’ammanco di cassa che avrete attorno a martedì. Vi mancheranno molti più soldi giovedi e venerdì. Pesci: Sentirete il computer parlarvi, vedrete il telefono che vi fa ciao con la cornetta e la scrivania che esegue un delizioso tip-tap. E’ il momento di prendervi un momento di riposo. Magari, un po’lunghetto, eh…

 

P come PAZIENZA Chapeau, davanti ai colleghi che sanno esercitare ogni giorno l’antica arte della pazienza, piccoli eroi del quotidiano che non perdono mai il controllo davanti a clienti esacerbati o responsabili sul piede di guerra. Sono i colleghi-zen. Ti chiedi come facciano ad ascoltare tutto e tutti senza batter ciglio, riuscendo sempre a trovare la risposta giusta e a volgere a loro favore le situazioni più intricate. Sì, può capitare, ogni tanto, che alzino leg-ger-men-te il tono della voce o che inarchino il sopracciglio sinistro, ma è un attimo, dopodiché rientrano nel pieno possesso del loro autocontrollo. Possono stare anche ore a recepire le lamentele più disparate  e l’unico modo per tirarli fuori dall’impaccio è lanciare loro un urlo, che possa essere anche sentito dal cliente, tipo: “Daniela, il direttore ti sta cercando con urgenza” oppure “Daniela, stiamo andando a pranzo, tu che fai?”.  Forse i colleghi-zen si ritrovano tutti insieme, almeno tre sere la settimana, in un ashram dell’Astigiano e fanno meditazione trascendentale: è l’unica spiegazione plausibile della loro inumana capacità di sopportazione. Poi un giorno scoppieranno, perché anche a Giobbe alla fine un po’ gli sono girati.

 

Q come QUELLI CHE Quelli che non è per l’euro, ma per una questione di principio. Quelli che mi deve trattare bene perché mio zio aveva il conto da voi nel 1953. Quelli che guardi che conosco il vostro direttore generale: l’ho visto in televisione. Quelli che non si preoccupi perché la firma di mia moglie la falsifico benissimo. Quelli che aiutate solo i marocchini. Quelli che non guardi il mio modello Unico di quest’anno perché ho scaricato il Ferrarino come auto aziendale. Quelli che non voglio che una donna gestisca i miei investimenti.  Quelli che tanto il mondo finisce nel 2012 e così voi banche finite di rubare.

 

R come RISULTATI In un’economia di mercato i risultati sono importanti e se non li raggiungi, c’è poco da fare, devi chiudere bottega e cambiare mestiere. Altra cosa è l’Ansia Spasmodica per il Risultato, una malattia letale che può distruggere fegato ed è particolarmente infettiva. Lasciamo da parte i comportamenti criminosi – per fortuna limitati - tipo quel banchiere di Lodi che per ripianare le perdite del suo istituto s’inventava commissioni e spese da addebitare agli ignari correntisti e occultava le eredità dei clienti morti. Parliamo molto più semplicemente di quei direttori e direttrici – e delle loro funzioni superiori – che avendo come unico pensiero martellante la statistica di fine giornata, assumono nei confronti dei loro collaboratori toni che ricalcano quelli dell’ing.Acetti/Gianni Agus verso il rag.Gian Domenico Fracchia / Paolo Villaggio (per i più giovani, andate su You Tube e guardatevi qualche sketch dei due per capire di che cosa si sta parlando). Il bastone del comando utilizzato alla vecchia maniera, insomma, forse anche per i limiti caratteriali di chi lo maneggia, mentre i sacrosanti – ripetiamo, sacrosanti – risultati potrebbero arrivare ugualmente copiosi se s’evitasse d’immettere nell’atmosfera una soffocante aria da caserma. Poi fan fin tenerezza certi direttori, verso fine anno, quando i conti non quadrano e l’agognato risultato si allontana. Li vedi cupi e ingobbiti, alla ricerca dell’idea vincente, e ti verrebbe voglia, che so, di abbracciarli forte forte come degli orsacchiotti di peluche, per tirarli su  il morale. Oddio, è il pensiero di un attimo.

 

S come SEMPLIFICAZIONE Il problema, in banca, e ancora più perché siamo in un Paese malato di burocratismo, è che quando si tenta di semplificare la modulistica – e in questi anni qualcosa è stato fatto – , riuscendo a ridurre da 75 a 74 le pagine che un cliente deve firmare al momento della sottoscrizione di un contratto, ecco apparire una novità legislativa o un guizzo ingegnoso dell’organizzazione interna che ti riportano al livello di complicazione precedente. Tra le ultime invenzioni si segnala un modulo che dice al cliente più o meno così: “Cliente, guarda che la polizza assicurativa che ti sto vendendo è emessa da una compagnia nella quale io banca ho una quota di partecipazione. Leggi e firma per presa visione”. Eh sì, perché sai, uno non ci arriva da solo e magari pensa che la banca gli stia vendendo una polizza assicurativa spinta da afflato missionario. Va beh, dice, ma è un conflitto d’interessi, vogliamo nasconderlo? Per cortesia, concentriamoci su quelli sostanziali (un esempio su tutti: le partecipazioni incrociate banca e imprese) e non su queste sciocchezze da azzeccagarbugli, che fanno solo perdere del tempo al cliente e all’impiegato di turno, già immerso in mille altre scartoffie. Semplice, no?

 

T come TEMPO Lì fuori c’è una guerra e noi dobbiamo vincerla. Se non hai tempo di fare tutto è solo colpa tua. Ma una volta non era così, ci riuscivo benissimo. Ah, ah, la retorica del tempo passato! Come sei banale, come sei scontato. Ma non ti ricordi cosa dicevi all’epoca? Non ricordi a che ora uscivi dal lavoro? Non è come oggi, che ho mille incombenze e c’è una pressione da far paura. Sai benissimo che non volevate i risultati che volete adesso. Sono le cose che dici da una vita. L’unica verità è che lì fuori c è una guerra e noi dobbiamo vincerla. Sì, ma io sono in prima linea! Vorrei vederti al posto mio… a volte mi sembra che mi manchi l’aria. Devi darti delle priorità, te l’ho detto e stradetto mille volte. Ma quando tutto è prioritario, quando ogni obiettivo è importante, quando ogni campagna commerciale non va tralasciata, quando ogni telefonata non fatta è un’operazione persa? E’ colpa tua. Prima d’iniziare, la mattina, fatti una scaletta delle cose da fare e vedrai che il tempo lo trovi. Facile, poi mi arrivano 12 imprevisti e la scaletta va a farsi benedire. E non sai gestire l’imprevisto? Anche l’imprevisto va programmato. E come? Prevedendolo. Che faccio? Uso i tarocchi o telefono direttamente al Mago Otelma?  Che spiritoso che sei. Come pensi che Napoleone abbia vinto a Waterloo? Ha tenuto conto anche dell’imponderabile. Guarda che Napoleone a Waterloo le ha prese che metà basta. Sei il solito disfattista. Vedi negativo dappertutto. Lasciamo perdere, tanto vuoi sempre avere ragione tu. Si, perché lì fuori c’è una guerra e noi dobbiamo vincerla.

 

U come UMANI In questi anni ho visto e sentito umani dire e fare cose che voi extraterrestri ( se esistete) neanche ve le sognate. Giuro, le ho viste e lo sentite tutte. Ho visto un direttore di filiale nascondersi dietro una colonna del salone pur di non parlare con un cliente. Ho sentito dire da un collega che lui, da giovane, era un agente dei servizi segreti e aveva partecipato al campionato mondiale di sci di categoria e alla mia domanda:”Ma dai, e dove si erano svolti?” aveva risposto: “E già, il segreto, allora?” (giuro, l’ha detto). Ho visto colleghi che il lunedì non ti parlavano per mezza giornata e, guai a chiedergli qualcosa, perché la domenica la loro squadra del cuore aveva pareggiato. Ho sentito colleghi lamentarsi perché in questi anni i sindacati hanno firmato di tutto e di più e mentre lo dicevano erano dentro la filiale chiusa per sciopero, come sempre. Ho visto colleghi svendere la loro dignità per un tozzo di pane (ma ne ho visti altri tenere la schiena ben dritta). Ho sentito (anzi, mi hanno raccontato e quindi non so se è vero, ma quanto vorrei che lo fosse) che in un’agenzia un cliente assai adirato, rivolto a un collega seduto a una scrivania, gli ha urlato in faccia:”Lei non sa chi sono io!!!”. Il collega, con flemma inglese, si è alzato in piedi e rivolto ai presenti ha sillabato : “Ssst…silenzio tutti…il signore adesso ci dice chi è…”. E anche io ho fatto e detto cose che voi extraterrestri neanche ve le sognate, ma non basterebbe un libro per poterle raccontare.

 

V come VOCI Vox populi,vox dei? Macché. La voce del popolo è sempre più vittima di luoghi comuni, del vacuo chiacchiericcio che imperversa in televisione, delle enormi bufale che circolano in Rete e dei consigli, spesso maldestri, di amici e cugini. E poi ci si precipita in banca, convinti di avere in tasca la pietra filosofale che trasforma in oro i metalli vili, quando invece si hanno poche idee e confuse. C’è sempre qualcuno che ti parla – e ovviamente vorrebbe che tu glieli proponessi - di fantomatici investimenti fatti da uno zio di terzo grado e che hanno reso il 45% in tre giorni, ma non si capisce mai in quale pianeta conosciuto del sistema solare sia avvenuto un miracolo del genere. Oppure c’è il tizio che “l’AssoConsum ha detto che voi banche avete costretto la gente a fare il mutuo a tasso variabile perché vi conveniva” e vagli a spiegare che, quando il differenziale tra fisso e variabile era più di due punti a favore di quest’ultimo, se provavi a suggerire a qualche cliente di fare un mutuo a tasso fisso, quello minimo ti rideva in faccia. Il popolo continua a farsi del male. Qualcuno lo aiuti.

 

Z come ZETA Come l’ultima lettera, come quando si è alla fine di una strada, come i colleghi che vanno in pensione. In questi ultimi anni è davvero impressionante la quantità di persone che ha appeso penne e computer al chiodo, in virtù soprattutto dei meccanismi di prepensionamento che “regalano” qualche annetto prima della messa a riposo effettiva. Tecnicamente questi colleghi vengono definiti “esodati”e mai aggettivo fu più calzante, perché molti di loro (facciamo il 99%?), vivono questo momento come l’Esodo verso la Terra Promessa, una nuova vita da ridisegnare con i colori che piacciono di più e non con quelli imposti dagli altri. Anni fa era diverso, perché era facile trovare tra i pensionati facce funeree di chi, avendo dato alla banca anima e corpo, viveva come un incubo l’idea di dove riempire l’esistenza facendo a meno della sua scrivania da impiegato. Oggi, invece, li vedi con un’aura luminosa che li brilla in testa,  i colleghi che se ne vanno. Evidentemente è più forte la voglia di dare tempo e spazio a tutto ciò che il lavoro, in tanti anni, ha impedito di fare. A meno di un mese dalla messa in quiescenza si sono già iscritti – o meglio iscritte, perché in attivismo le donne battono ampiamente i maschietti -  a corsi di découpage, yoga, canasta, ballo liscio e tango figurato, oltre ad aver già programmato un giro dell’Oceania e la traversata del deserto dei Gobi. Li vedi saltellare felice e sei felice per loro, ma t’interroghi sul tuo, di futuro: “Non è che a 80 anni sarò ancora qui a vendere carte ricaricabili?”.

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