Democrazia e Partecipazione

Uno degli argomenti più caldi affrontati negli ultimi mesi è stato certamente quello della costituzione della Società Consortile. Non voglio tornare qui sul merito del confronto e dell’accordo che ne è seguito, su cui già tanto si è scritto, ma piuttosto vorrei porre l’attenzione su cosa questa vicenda ci ha detto riguardo al rapporto fra sindacato e lavoratori.

Voglio partire, non a caso, dall’assemblea del Centro Contabile: penso tutti sappiano, anche in virtù delle notizie riportate dal quotidiano La Stampa il giorno successivo, che una delle assemblee si è svolta con modalità di rapporto dirompenti. Infatti non solo è stata contestata la posizione del Sindacato aziendale (per altro rappresentato  dalle strutture locali che avevano convocato una assemblea informativa) ma è stato di fatto impedito di tenere la relazione, rispondere compiutamente alle domande e svolgere un ruolo di presidenza della riunione. Come avviene in casi del genere, era stata ampiamente premeditata da alcuni una gazzarra che raggiungesse tali scopi, ma non si può negare che anche la maggioranza dei presenti ha seguito la stessa strada, in un clima di tensione e di paure collettive. Come sempre la FISAC ha privilegiato il merito dei problemi e si è impegnata nel dare le necessarie tutele contrattuali a tutti i lavoratori, riservandosi un successivo momento di chiarificazione con i propri iscritti, che si è regolarmente e serenamente svolto, con la partecipazione della Delegazione Trattante.

Penso sarebbe sbagliato passare nel dimenticatoio quell’episodio oppure derubricarlo a fatto locale. Quando si impedisce di parlare alla rappresentanza sindacale si crea un problema di democrazia, ed un problema di democrazia è un problema di tutti. La rappresentanza dei lavoratori nel nostro Paese ha una storia lunga, gloriosa e a volte anche dolorosa per la difesa dei diritti e della democrazia: per questo motivo non può essere accettato, mai, che venga privata della facoltà di esprimersi. Anche un singolo episodio di questo genere getta ombre sinistre ed evoca scenari che già una volta, nella nostra Storia, abbiamo visto e combattuto. Solo partendo da questo principio non derogabile possiamo costruire la partecipazione dei lavoratori e la democrazia nella formazione delle decisioni, questo è il principio che legittima il dibattito fra le idee diverse e anche la contestazione delle posizioni sindacali, ove non condivise. L’episodio è stato possibile per le paure e le preoccupazioni serie e legittime che avevano e forse hanno ancora la maggioranza dei lavoratori coinvolti nel problema consortile. Questo retroterra è stato abilmente utilizzato da chi aveva solo l’interesse ad alzare i toni e dare libero sfogo a posizioni populiste senza nessuno sbocco, salvo il proprio tornaconto politico o organizzativo. Il clima ed i problemi che abbiamo affrontati non sono diversi da quelli affrontati nel settore dell’auto in questo periodo, non a caso anche lì si sono verificati episodi analoghi e più gravi. In tutto il Paese è in corso una deriva populista, semplificatoria, insofferente alle regole della democrazia che fa leva sulle paure e sulla scarsa conoscenza: non possiamo pensare di vivere in una campana di vetro, immuni alle tendenze in corso.

Come potevamo gestire diversamente il problema? Con la maggiore democrazia  e la maggiore partecipazione. Sono questi gli strumenti che possono battere il populismo, la paura e l’ignoranza, nella società come nel lavoro.

Ho letto e sentito sovente dire in questo periodo che i lavoratori delle Sedi hanno dato prova di una grande capacità di autoorganizzazione, preparandosi per conto proprio sui problemi legali e fiscali dell’operazione. Condivido pienamente questa opinione. Abbiamo avuto moltissimi spunti, critiche, suggerimenti e dati in tutte le assemblee che abbiamo svolto a Torino e Moncalieri. Mediamente i colleghi sono arrivati molto più preparati e in numero maggiore del solito. Penso dovrebbe essere sempre così, sappiamo che non lo è. Il problema è come mantenere questa capacità dimostrata, ovviamente nel rispetto dei principi di cui sopra, ma di nuovo si pone il problema della democrazia. Si è già scritto in parecchi documenti, non vorrei più dilungarmi, che tutto il processo delle trattative di armonizzazione si è svolto senza un vero confronto con i lavoratori e senza validazione dei risultati ottenuti. Si è creato quindi un “vulnus” a quegli stessi principi che ho enunciato, ma a crearlo siamo stati noi stessi. Ci sono state delle ragioni per questo, probabilmente non esisteva una diversa strada percorribile, ma in un discorso sui principi che si rivolga al futuro la strada che abbiamo percorso  va considerata come una parentesi che deve essere chiusa.

Vorrei  fare anche un accenno al problema della rappresentanza. Nella nostra categoria questo è un problema cronico, per la mancanza delle RSU. Dobbiamo però guardare in faccia la realtà e considerare che è anche questo un problema del Paese, in quanto manca una norma generale che risolva il problema per tutto il mondo del lavoro. Non è più possibile lasciare alla buona volontà sindacale lo stabilire come vengono prese le decisioni per i lavoratori e come vengono validate, come anche le nostre vicende aziendali dimostrano. La  CGIL sta chiedendo questo da mesi ma temo non sia certo un caso che CISL, UIL e Governo, attori dell’accordo separato sulla struttura contrattuale, si siano ben guardati dall’affrontare l’argomento.

Affermare la necessità della partecipazione ci porta però al problema della comunicazione. Probabilmente a molti di noi è capitato di partecipare ad un qualche corso di formazione sulla comunicazione, nel quale il docente partiva invariabilmente dal concetto di comunicazione a due vie, ovvero si espone ma si ascolta anche. Per un lungo periodo noi abbiamo solo esposto e poco ascoltato. Troppo spesso le critiche sono state bollate come “mali di pancia”, nostalgie del passato o problemi psicologici. Il risultato è di non essere riusciti a dare voce  alle aree di dissenso che esistono fra i lavoratori, consegnando ad altri questa rappresentanza  e dando quindi un aiuto indiretto alle posizioni populiste. La democrazia ci impone di estendere la nostra rappresentanza ma questo vuol dire in primo luogo sapere ascoltare.

Roberto Malano

[Per commenti all'articolo: tasso@fisac.net]

Roberto Malano
Autore di questo articolo, già nella Segreteria di Coordinamento
della FISAC SanPaolo,
si occupa, per la FISAC, delle Direzioni e dei Servizi Centrali
del Gruppo Intesa-SanPaolo e della neonata IntesaSanPaolo Group Service.
Per contattarlo: roberto.malano@intesasanpaolo.com


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