Un anno fa il rogo alla Thyssen
Uscito in questi giorni Operai di Carmen Santoro

Notte tra il 5 e il 6 dicembre. “Roberto, Rodinò, che dite? Avete visto una piccola fiamma? Dove? Laggiù?”… Dai prendiamo gli estintori… Accidenti, il mio è scarico. Non è possibile. Qualcuno ha già usato questo affare. Ma perché poi non è stato ricaricato?
Le fiamme stanno aumentando. Ma mi sembra che tutto sia sotto controllo. Non è certo il primo incendio. Bisogna solo far presto. Dobbiamo salvare l’impianto, che se si rovina a casa sì che andiamo tutti prima. Altro che settembre.

Un anno fa, in una fredda notte d’inverno, l’incendio alla Thyssenkrupp di Corso Regina Margherita. Un evento che portò anche al testo unico sulla sicurezza, approvato dal governo Prodi nell’aprile 2008 che prevede multe pesanti e anche l’arresto per l’imprenditore che violi le norme sulla sicurezza. Un testo considerato eccessivo dagli imprenditori, che il governo Berlusconi vorrebbe depotenziare.
A un anno da quella tragedia che colpì molto l’opinione pubblica – in particolare quella torinese – esce in libreria un bel libro della giornalista Carmen Santoro, dal titolo Operai ed edito da Nutrimenti. Un buon modo per non dimenticare.
Il pregio di questo libro sta nel suo punto di vista sociologico: la Santoro racconta, attraverso alcuni operai da lei intervistati, scene di vita delle tute blu. Operai fortunati che possono contare su uno stipendio di 1300 euro al mese con un contratto a tempo indeterminato e operai meno fortunati che si devono accontentare di un lavoro instabile a meno di un migliaio di euro come stipendio.
 
Si racconta di un sindacalista del mondo edile che trova in un cantiere un operaio romeno privo di ogni sistema di sicurezza, con suo figlio e suo nipote di nemmeno 15 anni sporchi di calce. L’imprenditore, però, spiega al sindacalista che i ragazzi sono lì perché stanno giocando.
Giocano alle sette e mezza del mattino. Trasportando secchi di cemento su e giù per le scale pericolanti. Giocano tenendosi in equilibrio sull’impalcatura. Senza alcun sostegno.
Il rumeno, padre e zio dei ragazzi comincia a innervosirsi. Deve lavorare.
In edilizia ci sono tantissimi lavoratori in nero. Niente contributi, niente ferie. Sicurezza inesistente. Spesso cadono, si fanno male. A volte muoiono. E qualche volta, se sono stranieri, di loro non si sa nulla.

Nel 2007, 1160 persone sono morte sul lavoro. Più di 900.000 sono rimaste ferite. Chi lievemente, chi ha perso un braccio, chi una gamba, chi lotta tra la vita e la morte. 912.675 persone solo nel 2007.
Anche Luigi ha perso un braccio in un incidente sul lavoro. Uno dei migliori manutentori nella sua azienda che, però, una volta infortunatosi, avrebbe voluto licenziarlo. Due anni fa il licenziamento è arrivato davvero. Quelli del consorzio, con il pretesto che avevano meno commesse, mandarono via un sacco di gente. E a quel punto furono liberi di mandarmi via. E trovare lavoro a quasi cinquant’anni non è la cosa più semplice del mondo.
 
Silvano, invece, da otto anni lavora sempre per la stessa azienda, ma sempre con contratti di settimane attraverso un’agenzia di somministrazione lavoro. Stanno sempre attenti a non superare i dodici mesi. Altrimenti scatterebbe l’assunzione. Quando va bene dopo che hai lavorato nove dieci mesi nell’arco di un anno ti lasciano a casa. Per poi riassumerti con l’anno nuovo.
Dello stipendio non mi lamento. Ferie pagate. E, quando finisce il contratto, la liquidazione. Quello che non mi va giù è che nessuno riconosce la mia anzianità lavorativa. Riparto ogni volta da zero. E poi diventi ricattabile, sotto la spada di Damocle del mancato rinnovo. Gli straordinari, per esempio. Sei costretto a farli, altrimenti sei considerato persona poco disponibile.
Nella mia azienda ci sono 202 dipendenti fissi e 210 con contratti a termine. Siamo la maggioranza, eppure ci hanno fatto capire che non gradiscono che ci iscriviamo al sindacato. Hanno paura che facciamo squadra, che ci organizziamo per far valere i nostri diritti. Comunque, devo ammetterlo, senza la società di lavoro interinale non avrei mai trovato un lavoro adeguato al mio titolo di studio.”

 
Poi c’è Davide, operaio della Thyssen che ora ha trovato lavoro in una grande azienda metalmeccanica, per 940 euro al mese. Da ottobre 2008 si è iscritto di nuovo a scuola. Da questo momento in poi la mia vita si dividerà tra lavoro e scuola. Uscito dalla fabbrica a fine turno avrò solo il tempo di passare a casa per cambiarmi. Poi dovrò subito scappare qui. Ogni sera. Ogni sera quattro ore tra i banchi fino alle dieci. Per tre anni.”
Alla Thyssen, Davide guadagnava molto di più e faceva un lavoro meno pesante, ma può ritenersi davvero fortunato.
Davide è un ventottenne di Rivoli che, prima della tragedia di dicembre, aveva pensato di trasferirsi a Terni, visto che la Thyssen di Torino stava per chiudere. Nel libro racconta le sue indecisioni. Mi sarebbe dispiaciuto lasciare mia mamma sola a Venaria. Ma l’avrei fatto: anche i miei da giovani si trasferirono per lavoro. La mia ragazza tra un anno, finiti gli studi, mi avrebbe raggiunto. E di lei so che mi posso fidare.
Poi ha visto sparire sette suoi amici tra le fiamme in quella fabbrica tedesca e ha deciso che avrebbe lavorato da un’altra parte, anche a condizioni ben più svantaggiose.
 
Operai, poi, racconta tante altre storie. Storie quotidiane di chi combatte contro la precarietà, contro l’insicurezza, contro condizioni economiche estremamente difficili per costruire un futuro sereno per sé e per la propria famiglia.
Tra il 2002 e il 2007 in termini di potere d’acquisto gli operai hanno perso 2.592 euro. Gli impiegati, addirittura, registrano un – 3.047 euro. Al contrario, sono cresciuti i redditi dei lavoratori autonomi: liberi professionisti e imprenditore registrano una media di + 11.984 euro.
In un’Italia con una sempre maggiore polarizzazione dei redditi, Operai è una buona lettura per qualche riflessione in più.

Beppe Capozzolo

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Beppe Capozzolo
Autore di questo articolo,
è il responsabile per la
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Per contattarlo: giuseppe.capozzolo@intesasanpaolo.com
 

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